Pro Svizzera osserva che l’ambasciatore statunitense sta effettivamente cercando di rimanere diplomatico. Ma, tra le righe, le minacce del rappresentante statunitense sono chiaramente percepibili. Pro Svizzera respinge con forza l’affermazione secondo cui la Svizzera si troverebbe nella crisi più grave dalla Seconda guerra mondiale, perché è confrontata con il significato di neutralità. L’ambasciatore statunitense non conosce la realtà politica svizzera. Al massimo, alcuni ambienti politici interni sono in crisi. La maggioranza degli Svizzeri vuole preservare l’essenza della neutralità. Soprattutto i giovani e le donne sono chiaramente contrari alla consegna di armi. Non è quindi una dimostrazione di professionalità diplomatica il fatto che un rappresentante di un governo straniero voglia attribuire una crisi alla Svizzera solo per rafforzare la propria posizione.
L’intervista di Scott Miller contiene anche delle contraddizioni. Accoglie con favore l’acquisto dei caccia americani F-35 e del sistema di difesa aerea «Patriot» ma, nello stesso tempo, vede la Svizzera come un buco avido e calcolatore nella «ciambella della NATO». Apprezza inoltre il mandato di protezione degli interessi statunitensi in Iran. Spera che un giorno la Svizzera possa esercitarlo per l’Ucraina a Mosca. Ma allo stesso tempo critica il presupposto per questi buoni uffici, ossia una politica di neutralità credibile, e ne chiede una rinuncia di principio.
Il presidente di Pro Svizzera, Stephan Rietiker, afferma: «L’ambasciatore statunitense deve prendere atto che la neutralità della Svizzera non è negoziabile e che la Svizzera è estremamente attiva nella diplomazia della pace e nel campo umanitario».