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La neutralità della Svizzera: una classificazione giuridica

La neutralità della Svizzera è sulla bocca di tutti in questo momento. Oggi vorrei inserire la discussione in un contesto giuridico, soprattutto dal punto di vista del diritto internazionale, perché sono un esperto di tale diritto. Dividerò la mia presentazione in cinque parti. Dapprima, tratterò la storia della neutralità, quindi le basi giuridiche. In terza battuta, vorrei delineare i diritti e i doveri degli Stati permanentemente neutrali e, in quarto luogo, vorrei affrontare le questioni di politica della neutralità. Nella quinta parte, vorrei esprimere il mio apprezzamento per l'iniziativa a favore della neutralità della Svizzera.

Primo, la storia della neutralità permanente della Svizzera.

Per molti la neutralità svizzera inizia a Marignano, nel 1515. Io ne colloco l’origine prima. Nel 1399, Berna e Soletta conclusero un accordo con il Margravio di Hochberg, secondo il quale questi Stati si sarebbero rimasti «seduti tranquillamente» in caso di guerra. Per quanto ci è dato di sapere, questa è la prima testimonianza scritta.

Nella Guerra dei Trent’anni 1618-1648, la neutralità della Svizzera era stata stabilita da tempo. Per darvi un’idea di come si sentiva uno straniero nella Svizzera neutrale durante quella guerra, cito ciò che il tedesco GRIMMELSHAUSEN scrisse sulla Svizzera nel suo libro Simplicissmus:

«la Confederazione […] come unico paese dove ancora regnava la pace […]. Il paese mi sembrava così strano rispetto agli altri Stati tedeschi […]. Lì ho visto la gente agire e camminare in pace. Le stalle erano piene di bestiame. Le fattorie erano piene di polli, oche e anatre. Le strade erano percorse in sicurezza dai viaggiatori. Le locande erano piene di gente che si divertiva. Non c’era paura del nemico, non c’era preoccupazione per il saccheggio e non c’era timore di perdere i propri beni, la vita o l’incolumità. Così pensai che questo paese fosse un paradiso terrestre, anche se sembrava abbastanza grezzo». Fine della citazione.

Nella Guerra dei Trent’anni, la neutralità armata fu concordata tra i cantoni nel 1647 – nella cosiddetta «Defensionale von Wil», che creò anche l’esercito svizzero.

Nel 1674, 350 anni fa, la Dieta federale dichiarò per la prima volta ufficialmente la neutralità. Inizialmente si trattava di una neutralità di fatto, non giuridica. Solo nel 1815, con il Trattato di Parigi, la Svizzera concordò con le potenze europee una neutralità permanente.

In sintesi, la storia della neutralità svizzera rappresenta per me un’evoluzione che, sebbene non sempre lineare e a volte discontinua, è in fin dei conti adeguata.

Secondo, le basi giuridiche della neutralità svizzera.

La neutralità è sempre una questione tra più Stati. Uno Stato non può decidere alla chetichella di rimanere neutrale e fermarsi lì. La neutralità presuppone il riconoscimento da parte di altri Stati. Questo la rende immediatamente un costrutto del diritto internazionale. La neutralità comporta diritti e obblighi da parte dello Stato neutrale, che deve rispettare le norme del diritto della neutralità, e da parte della comunità degli altri Stati, che rispetta la neutralità in questione e si assume ulteriori obblighi.

I fondamenti della neutralità svizzera nel diritto internazionale si basano su norme del diritto contrattuale e del diritto consuetudinario.

Innanzitutto, il trattato che la Svizzera concluse con le principali potenze europee nel 1815. È importante approfondire questo aspetto, perché da qualche tempo si è diffusa la leggenda che la Svizzera sia stata neutralizzata, cioè le sia stata imposta la neutralità, come in passato al Belgio. Questa leggenda deve essere contestata. Ripercorrerò con voi le quattro tappe di quel periodo a Vienna e Parigi del 1814-1815:

–          Per prima cosa, la Dieta federale inviò una delegazione al Congresso di Vienna e fece un’offerta: la Svizzera sarebbe rimasta permanentemente neutrale, ma si aspettava alcune concessioni territoriali dalle grandi potenze;

–          Le grandi potenze accettarono l’offerta in linea di principio, ma non tutte le rivendicazioni territoriali. Tre nuove località furono annesse alla Confederazione: Vallese, Ginevra e Neuchâtel, oltre al principato vescovile di Basilea, oggi Cantone del Giura. Ginevra ricevette Versoix e altri comuni sulla sponda settentrionale del Lago di Ginevra. Il desiderio di annettere alla Confederazione la Valtellina, Chiavenna e Bormio non fu realizzato;

–          in un’ulteriore fase, la Dieta federale esaminò l’offerta riveduta e l’accettò;

–          Infine, nel 1815, la Confederazione e le Grandi Potenze decisero a Parigi, sulla base di tutto ciò, la cosiddetta neutralità perpetua della Svizzera.

Si trattò chiaramente di un trattato classico su cui tutte le parti erano d’accordo. Non si può parlare di imposizione della neutralità alla Svizzera.

Ha ancora senso oggi? Alcuni dicono che l’unica cosa che conta oggi è che ci sia la neutralità, non la sua origine. Io andrei oltre. In effetti, è molto importante per la comprensione della sovranità della Svizzera il fatto che questa abbia scelto volontariamente la neutralità.

Per essere precisi, va aggiunto che il Congresso di Vienna non creò la neutralità svizzera. Come abbiamo già sentito, essa esisteva già da molti secoli. Il Trattato di Parigi legalizzò la neutralità che già esisteva de facto.

L’altra base giuridica della neutralità è il diritto consuetudinario. Questo è molto più importante nel diritto internazionale che nel diritto interno. Non ho il tempo di entrare nei dettagli. Solo questo: il Trattato di Parigi del 1815 – un contratto – si è da tempo trasformato in diritto internazionale consuetudinario, che vincola l’intera comunità degli Stati. Nessuno Stato ha mai sollevato il minimo dubbio su queste basi giuridiche. Sono solidamente consolidate.

In particolare, la comunità degli Stati riconosce la neutralità della Svizzera in base al diritto consuetudinario e quindi la sua sovranità, non da ultimo il suo territorio nazionale. Da parte sua, la Svizzera si impegna a mantenere questa neutralità permanente in forma armata.

A questo punto, alcune riflessioni sulla buona fede nel diritto internazionale. Sulla base di questi fondamenti giuridici, la Svizzera può aspettarsi che la comunità degli Stati rispetti la sua neutralità permanente in tutti i conflitti futuri, almeno finché gli Stati possono presumere che anche la Svizzera rispetterà i suoi obblighi.

Ora, questo rapporto di fiducia tra la Svizzera e la comunità degli Stati non è predeterminato una volta per tutte dal diritto naturale. Al contrario, deve essere sempre riconfermato ed elaborato nella pratica: da un lato, la Svizzera garantisce di rimanere sempre neutrale e, se necessario, di difendere militarmente la propria neutralità. Poi, da parte della comunità degli Stati, il riconoscimento di questo status e, con esso, dell’integrità territoriale e della sovranità della Svizzera. Il comportamento della Svizzera deve essere coerente e credibile.

In sintesi: i fondamenti giuridici della neutralità svizzera nel diritto internazionale sono di natura contrattuale e di diritto consuetudinario. Sono solidamente consolidati.

Terzo: i diritti e i doveri di uno Stato permanentemente neutrale.

Il Prof. ALOIS RIKLIN, politologo di San Gallo, ha riassunto con precisione i diritti e i doveri, e cito:

«Ci impegniamo a non entrare in alcuna alleanza militare, a non iniziare alcuna guerra e a non parteciparvi finché non saremo attaccati militarmente. Se, tuttavia, la guerra sarà condotta contro di noi, ci difenderemo e, se necessario, ci alleeremo con altri Stati». Fine della citazione.

Tutto questo fa parte della neutralità! Si potrebbe aggiungere che la Svizzera non può mettere il proprio territorio a disposizione delle parti in conflitto. Centrale è anche il dovere di imparzialità e non discriminazione delle parti in conflitto.

Tutti questi obblighi si basano sulla cosiddetta Quinta Convenzione dell’Aia del 1907 sulla neutralità permanente in guerra. Ora, un’opinione sostiene che questa convenzione non si applica più, anzi è diventata obsoleta. Questo, ovviamente, apre la porta a una nuova interpretazione della neutralità.

Il Zofinger Tagblatt di CH Media del 6 maggio 2023 ha recentemente elencato i due gruppi di esperti in Svizzera a favore e contro. Diversi storici, politologi ed economisti ritengono che la Convenzione dell’Aia sia ormai superata. Tuttavia, questo gruppo non ha alcuna giustificazione concreta per la sua opinione.

Molti esperti svizzeri di diritto internazionale, tra cui il sottoscritto, sono contrari. Per noi la Convenzione dell’Aia è una legge ancora valida e di grande attualità alla luce del conflitto in Ucraina.

Ho elaborato molte ragioni per cui la Quinta Convenzione dell’Aia del 1907 è valida ai sensi del diritto contrattuale e si è da tempo evoluta in diritto consuetudinario. Mi limiterò a questo; non c’è un solo Stato al mondo che l’abbia mai messa in discussione. La Convenzione dell’Aia viene insegnata quotidianamente nell’esercito svizzero e in quello austriaco e si trova nei manuali militari di innumerevoli Stati: Australia, Stati Uniti, Germania, Norvegia, Canada e molti altri.

Infine, ancora questo: nel 2015 l’Ucraina ha ratificato la quinta Convenzione dell’Aia. Vi chiedo, signore e signori: l’Ucraina lo avrebbe fatto se questa Convenzione avesse perso la sua validità?

Vi chiederete giustamente se la Convenzione del 1907 sia ancora attuale. Lo è molto! Per fare solo un esempio. Attualmente si sta lavorando sui princÌpi di comportamento degli Stati neutrali nei conflitti armati nello spazio virtuale, cioè nella guerra cibernetica. La Convenzione dell’Aia del 1907 ne fornisce i princÌpi, ovviamente adattati alle circostanze moderne.

Qui posso gettare un ponte con la sezione precedente. Sarà proprio il rispetto della Convenzione dell’Aia da parte della Svizzera a mostrare alla comunità degli Stati, tra le altre cose, se la Svizzera è disposta a mantenere la sua neutralità permanente.

Questo mi porta alla questione se gli Stati neutrali possano esportare materiale bellico alle parti in conflitto. La Convenzione dell’Aia lo vieta sia direttamente che indirettamente. Se le armi vengono esportate dalla Svizzera a uno Stato non in guerra, il destinatario deve impegnarsi a non trasferirle a una parte in conflitto. Attualmente è in discussione un allentamento della legge sul materiale bellico. Per me il principio è chiaro: queste riesportazioni verso parti in conflitto sono una violazione del principio di buona fede.

Riassumo: I doveri essenziali di uno Stato permanentemente neutrale si trovano nella Quinta Convenzione dell’Aia, che continua a essere di grande rilevanza per l’intera comunità degli Stati.

Quarto: la politica di neutralità

Questo include tutte le misure adottate da uno Stato permanentemente neutrale per promuovere la propria neutralità. La legge sulla neutralità è la stessa per tutti gli Stati permanentemente neutrali; la politica di neutralità varia da Stato a Stato. Ne cito diversi aspetti.

Neutralità armata. La legge sulla neutralità obbliga uno Stato a difendere la propria neutralità con le armi in caso di emergenza. La neutralità permanente non armata, ad esempio della Costa Rica, non è priva di rischi. La cosiddetta impotenza militare può incoraggiare le parti in conflitto a occupare il paese neutrale disarmato. La misura in cui uno Stato investe nella neutralità armata dipende dalla sua politica di neutralità. La Svizzera ha optato per un esercito relativamente forte, l’Austria per uno più piccolo, Malta ha avuto la difesa della sua neutralità permanente assicurata contrattualmente dall’Italia.

Buoni uffici, azione umanitaria. Questi aspetti sono al centro della politica di neutralità della Svizzera. Naturalmente, anche altri Stati offrono questi servizi. Lo Stato neutrale è particolarmente adatto a questo scopo perché garantisce l’imparzialità. Attualmente, i buoni uffici sono ripetutamente messi in discussione perché al momento sono meno richiesti. Ma non è questo il punto. Ciò che conta non è la frequenza con cui ciò avviene, ma che la Svizzera si metta a disposizione.

Due esempi recenti: qualche mese fa, nell’Oberland bernese, è stato organizzato uno scambio di prigionieri tra le parti in conflitto nello Yemen. In Mozambico, grazie a un diplomatico svizzero, nel 2019 è stato negoziato un accordo di pace tra le parti della guerra civile.

ONU. L’organizzazione universale con 193 membri offre alla Svizzera un palcoscenico mondiale sul quale poter dimostrare la propria neutralità e, cosa altrettanto importante, di vederla confermata dagli altri Stati. Esempio: la Svizzera è stata esplicitamente eletta al Consiglio di sicurezza come Stato permanentemente neutrale con 187 voti su 193. Una grande conferma della sua neutralità! Per inciso, non è vero che l’appartenenza all’ONU escluda semplicemente la neutralità permanente. Al contrario, la Svizzera ha molta libertà all’interno dell’ONU per praticare la sua neutralità permanente.

NATO. Non c’è dubbio che la Svizzera non debba aderire alla NATO. Una questione di politica di neutralità è se debba partecipare sempre di più al Partenariato per la pace della NATO. Oggi partecipano a questo programma 22 Paesi, tra cui alcuni Stati permanentemente neutrali. L’unico scopo di questo partenariato è quello di modernizzare le capacità di difesa dell’Esercito svizzero in collaborazione con altri eserciti. La partecipazione a un conflitto armato non è mai in discussione.

Operazioni di mantenimento della pace. Un aspetto importante della politica di neutralità è il cosiddetto «Peacekeeping» da parte della Svizzera. I soldati non intervengono nei combattimenti, ma servono a mantenere la pace. La linea di demarcazione della Corea ne è un esempio, le missioni in Kosovo e in Bosnia-Erzegovina ne sono altre due. Attualmente ci sono più di 20 missioni in tutto il mondo. In questo modo, la Svizzera dimostra la sua solidarietà con la comunità internazionale. Infine, le attività del Centro svizzero per il mantenimento della pace presso la piazza d’armi di Stans, nel cantone di Nidvaldo, sono molto impressionanti.

Sanzioni. La Svizzera ha sempre partecipato alle sanzioni dell’ONU. Finora sono stati colpiti 18 Stati. Dal 1998 partecipa anche alle sanzioni dell’UE, in parte in forma modificata. Le sanzioni dell’UE hanno finora colpito 13 Stati. Questo avviene in tutto il mondo e conferma ancora una volta la solidarietà della Svizzera con la comunità degli Stati.

Per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, non si può dire che la Svizzera abbia fatto troppo poco o abbia agito con troppa esitazione. Finora ha adottato dieci pacchetti di sanzioni dell’UE. Ha preso parte al primo pacchetto entro quattro giorni dall’invasione della Russia.

Quinto: l’iniziativa per la neutralità di Pro Svizzera. Innanzitutto: l’iniziativa contiene elementi validi, ma un punto debole.

Una volta inserito nella Costituzione, il testo impedirebbe alle autorità supreme – il Consiglio federale e l’Assemblea federale – di agire in caso di crisi. Infatti, qualsiasi modifica a questa disposizione costituzionale richiederebbe una revisione costituzionale.

Se solo l’iniziativa avesse concesso al Consiglio federale un po’ di flessibilità! Sarebbe bastato questo! Certo, sarò felice di ascoltare le argomentazioni del comitato d’iniziativa su questo punto.

A parte questo, capisco bene che alcuni ne abbiano abbastanza degli oppositori della neutralità che ogni giorno vogliono ridefinirla, ridurla o abolirla. Poi, bisogna ammetterlo: il testo dell’iniziativa è stato formulato con competenza. È stata un’idea brillante escludere le innumerevoli questioni dell’ONU; l’appartenenza della Svizzera all’ONU non viene toccata. L’iniziativa svolge anche un’importante funzione didattica.

Signore e Signori, arrivo alla conclusione.

La neutralità permanente appartiene all’identità della Svizzera: difendiamola e curiamola! Assicuriamoci che la Svizzera rispetti i relativi obblighi, in modo da poter rivendicare anche i diritti che ne derivano.

Il grande studioso svizzero di diritto internazionale, MAX HUBER, ce lo ha ricordato con le parole, che cito:

«Il piccolo Stato ha la sua più grande forza nel suo buon diritto». Fine della citazione.