Gentile colleghe e colleghi, cari amici e compagni di lotta,
Viviamo in un’epoca folle. Tuttavia, alcune citazioni storiche dimostrano che anche in passato ci sono state epoche simili: per esempio, Shakespeare dice nel Re Lear: «È la piaga dei tempi quando i pazzi guidano i ciechi». E Otto von Bismarck nel XIX secolo: «La prima generazione crea ricchezza, la seconda la amministra, la terza studia storia dell’arte e la quarta decade completamente». E Winston Churchill una volta disse: «Alcuni considerano l’imprenditore un lupo rognoso da abbattere. Altri pensano che sia una mucca da mungere senza sosta. Pochi lo vedono come un cavallo che traina il carro».
E poi, quasi come ciliegina sulla torta, un breve riassunto di un programma elettorale del Partito socialista che ho letto di recente sui social media:
- Voglio tutto
- Non voglio fare nulla per ottenerlo
- Qualcun altro dovrebbe pagare per questo.
Preparando questo discorso, mi è venuto in mente l’esclamazione di Cicerone: «Questa sì che è un’epoca, questi sì che sono costumi». Così ho iniziato a riflettere su quali siano i più grandi problemi politici attuali. Ho subito avuto l’imbarazzo della scelta:
- Quota statale
- Sviluppo economico
- Follia climatica
- Follia del «woke»
- Industria bellica in difficoltà
- Volontà di difesa in declino
- La scuola dell’obbligo come laboratorio di sociologia
- Criminalità in forte aumento e rischio terrorismo
- Questione europea
- Politica di asilo disastrosa
- Limitazioni dilaganti della libertà di espressione
- Internazionalizzazione del nostro ordinamento giuridico attraverso la «soft law»
- Andamento economico ancora più precario nei Paesi vicini
- Debito pubblico estremo
- Tendenza a coalizioni di perdenti socialmente esplosive…
Signore e signori, potrei continuare con questo elenco ancora a lungo. Ma credo che non abbia senso. In primo luogo, dovrei in qualche modo mettere ordine a questa lista, e poi avrei il problema che ha la zanzara su una spiaggia nudista: non saprei da dove iniziare.
In secondo luogo, non serve a niente perché siamo tra di noi. Vediamo le cose in modo analogo. E di conseguenza, elencare problemi porta solo cattivo umore.
E infine, mentre riflettevo sui problemi in Svizzera, mi è venuto in mente un imprenditore tedesco che recentemente ha commentato la politica in Germania dicendo:
«Com’è possibile che la maggioranza delle persone segua ciecamente un’élite politica di dilettanti non istruiti, inesperti e ignoranti? Perché queste nullità hanno voce in capitolo nonostante i nostri progressi tecnologici e scientifici senza precedenti?»
A coloro che credono che esagero rispondo: può anche darsi. Tuttavia, la domanda del «perché» posta da quest’uomo è comunque straordinariamente interessante.
Anche noi come Svizzeri borghesi-liberali – o forse anche borghesi-conservatori – riteniamo che in politica comandino sempre più le forze sbagliate. In qualche modo, in passato la politica funzionava in maniera più razionale, ragionevole, legittima, sana.
Perché è così? Voglio dedicarmi brevemente alla risposta a questa domanda.
A mio avviso, ci sono tre fattori che hanno portato a questo.
Il primo riguarda il fatto che soprattutto la sinistra politica dimostra sempre meno scrupoli nel trascinare nel conflitto ideologico istituzioni comuni che per lungo tempo sono state considerate «sacre».
Cosa intendo? Vi faccio un esempio dal settore scolastico.
All’inizio di marzo, sul Tages-Anzeiger è apparso un articolo sui politici borghesi del Canton Zurigo che combattono la «scuola integrativa». Con diverse iniziative politiche, questi politici vogliono reintrodurre le classi speciali, ad esempio per studenti che disturbano gravemente l’insegnamento nelle classi ordinarie.
Questi borghesi hanno spiegato le loro iniziative nel modo seguente, cito:
«Delle piccole classi beneficiano tutti – i bambini interessati, i compagni di classe, gli insegnanti.»
Ovviamente, questi politici valutano la qualità di una scuola in base a ciò che offre agli studenti e agli insegnanti. E oso affermare che non troppo tempo fa, tutte le parti politiche avrebbero condiviso questa visione. Oggi, tuttavia, non è più così.
Nello stesso articolo del Tagi, è stata citata anche una politica e insegnante elementare del Partito socialista. Ha dichiarato quanto segue:
«Per una società progressista non ci sono alternative alla scuola integrativa.»
Il fatto che, secondo diversi sondaggi, sia la popolazione che gli insegnanti vogliano il ritorno delle classi speciali non è il punto. Né il fatto che la scuola integrativa produca in effetti risultati catastrofici.
Il punto cruciale, signore e signori, è che nel pensiero di questa politica del PS non conta più come i diversi modelli scolastici influenzino la qualità della scuola.
Il suo obiettivo principale è piuttosto il raggiungimento di un qualche astratto obiettivo ideologico – una «società progressista», quale che sia il suo significato. E se questa «società progressista» deve essere pagata al prezzo di diplomati semi-analfabeti e di un ambiente scolastico degradato, allora così sia, a quanto pare.
Vi chiedo, signore e signori: come possiamo mantenere una base sociale comune, istituzioni funzionanti e un’economia efficiente se non c’è più nulla di sacro, se tutto può essere ideologizzato?
Il secondo problema riguarda la questione se la realtà in politica sia opzionale o meno. Qui, purtroppo, devo constatare una tendenza altrettanto preoccupante, in cui sempre più persone credono che in politica le leggi e i limiti naturali possano essere ignorati senza conseguenze.
Poco prima della sua elezione, il nuovo consigliere federale del Partito del Centro, Martin Pfister, ha dichiarato pubblicamente di essere «aperto alla possibilità di registrare un terzo genere nel passaporto».
Cosa significa «essere aperti alla possibilità di registrare un terzo genere nel passaporto»?
A prima vista, sembra semplicemente un segnale alla sinistra, che è disposto a discuterne. Proprio come se avesse detto di non essere fondamentalmente contro l’aumento delle tasse e l’estensione dei trasporti pubblici. Ma c’è una differenza capitale.
Aumentare le tasse o estendere i trasporti pubblici, signore e signori, non entra in conflitto con la realtà oggettiva e immutabile, che a seconda del punto di vista può essere considerata divina o naturale. Il terzo genere, invece, è completamente contrario a questa realtà. Sono sempre esistiti solo due generi e continueranno a essercene sempre solo due. È possibile scavare uno scheletro umano cento anni dopo la morte della persona a cui apparteneva e determinare senza problemi se fosse un uomo o una donna – così fondamentale e immutabile è la dicotomia dei generi.
Chi è disposto a fingere che esista un terzo genere è pronto a trattare ciò che è in evidente contraddizione con la realtà come se fosse qualcosa di assolutamente conforme alla realtà. Questo è, ovviamente, già di per sé molto negativo. Ma c’è di più. Il nostro nuovo consigliere federale non è solo «aperto» alla semplice idea del terzo genere. È aperto a dare corpo a questa assurdità senza fondamento addirittura in un passaporto, ovvero in uno dei documenti più rappresentativi e importanti emessi da uno Stato!
Non ho indicazioni che mi permettano di accusare il consigliere federale Pfister di avere affinità o preferenze per sistemi totalitari. Tuttavia, non si può negare che la sua «apertura» apre porte e finestre a quelle forze che realmente aspirano al totalitarismo. Ciò che danneggia in modo così duraturo lo spirito di libertà e il senso di giusto e sbagliato è il costante obbligo di fingere che ciò che è chiaramente sbagliato sia invece giusto.
Questo crescente disinteresse per la realtà ha però non solo conseguenze psicologiche e normative. Ci sono anche conseguenze più tangibili. Rimaniamo sul tema. Il terzo genere nel passaporto è solo la continuazione di una tendenza che ci ha già portato al «cambiamento di genere non burocratico». Dal 2022, ogni uomo biologico può ufficialmente diventare donna con una semplice visita presso le autorità, pagando 75 franchi. In questo modo, sarà trattato legalmente come una donna. Avrà accesso a spogliatoi, bagni e docce per ragazze e donne.
Chiunque non consideri la realtà del tutto opzionale può immaginare cosa significhi. Tra l’altro, crimini sessuali completamente evitabili. Negli Stati Uniti ci sono già stati diversi casi in cui «donne transgender», collocate in istituti penitenziari femminili, hanno violentato detenute.
Ignorare la realtà è «all fun and games until it isn’t anymore», come dicono gli Americani. Anche in Svizzera: più accettiamo indifferenti l’ignoranza intenzionale della realtà, peggiore sarà la politica che otteniamo.
Il terzo problema, responsabile del netto deterioramento del clima politico ed economico, è anche uno che si è insediato dai margini estremi della politica – soprattutto da sinistra – verso il centro. Questo problema consiste nel fatto che le contraddizioni in teorie, opinioni, programmi e visioni non vengono più considerate un problema – e perciò non si cerca più di risolverle.
I campioni in questa disciplina dell’«abbracciare la contraddizione» sono i politici di sinistra della generazione Tamara Funiciello e Cedric Wermuth:
Il riscaldamento climatico è molto grave e la protezione della natura è di massima importanza. Ma bisogna assolutamente abbandonare la produzione di energia nucleare, che è la più bassa a emissione di CO2 e la più efficiente in termini di spazio – sapete a cosa mi riferisco: all’energia nucleare.
Nella polizia e nell’esercito regnano sistematicamente razzismo e sessismo. Ma a parte poliziotti e soldati, nessun altro non dovrebbe possedere un’arma.
La diversità è sacra. Ma il fatto che gli Ebrei debbano nascondere la propria identità per paura di bande pro-terroriste, va bene.
La violenza sessuale è minimizzata dalla società a maggioranza borghese. Tuttavia, i violentatori dovrebbero poter cavarsela anche con una multa.
Un riferimento a Dio non ha posto nella Costituzione. Ma l’Islam fa parte della Svizzera.
E forse il mio preferito: la criminalità è causata dalla povertà e dalla discriminazione. Ma i maggiori criminali sono imprenditori politicamente influenti come Trump, Musk e Blocher. Ma come ho detto: questo gusto per la contraddizione non si trova più solo nella sinistra radicale. Si è insediato fino al centro dello scacchiere politico.
Per darvi un esempio personale dalla politica della sicurezza vi racconto questa storia: recentemente ho fatto un viaggio in Vietnam. Ho partecipato anche a una visita guidata attraverso un sistema di tunnel risalente alla guerra del Vietnam. Un ex combattente vietcong di circa 90 anni, che aveva perso un braccio in un’esplosione, ci ha spiegato il nido di resistenza e le tattiche e gli ostacoli mortali. Dopo la sua dimostrazione, ho avuto l’opportunità di fare una breve chiacchierata con lui. Ha trascorso 12 anni nel sistema di tunnel e due dei suoi figli sono nati lì. Gli ho chiesto se ripeterebbe di nuovo la fatica. Ha risposto di sì, che resisterebbe anche molto più a lungo, perché la libertà è il bene più importante che va difeso con ogni mezzo.
Ciò che mi interessa, non sono le libertà di cui gode effettivamente il vietnamita medio. Si tratta dell’atteggiamento. Quest’uomo aveva lo spirito supremo del combattente per la libertà: a volte la resistenza con la violenza è migliore della pace; proteggere la libertà non è solo un diritto, ma anche un dovere; e ci sono cose peggiori della morte.
Chiedetevi allora: ma questo ex combattente vietcong sarebbe d’accordo che i confini del suo Paese non venissero sorvegliati? E sarebbe favorevole a vietare a sua moglie di usare uno spray al peperoncino o, eventualmente, di portare un’arma, rendendola completamente vulnerabile in caso di attacco con un coltello in una situazione quotidiana?
Naturalmente no. Sarebbe assurdo e contraddittorio. Ma è esattamente questa assurda contraddizione che caratterizza oggi, tra l’altro, la posizione della Società Svizzera degli Ufficiali e anche la politica di sicurezza del PLR. Questi ambienti non si stancano di sottolineare quanto sia importante aumentare il budget dell’esercito. A ragione. Solo che, per quanto riguarda i controlli sistematici alle frontiere e la difesa contro criminali e terroristi nella vita civile, si sono ormai allineati con il Gruppo per una Svizzera senza esercito. E proprio per questo, a causa di questa eclatante contraddizione, che non ci sono più molte persone che si interessano dei comunicati della Società degli Ufficiali o della politica di sicurezza del PLR.
Le contraddizioni devono essere risolte. Chi non lo fa è destinato a fallire – ovunque, non solo nella scienza. È quindi evidente: finché questa cultura del «tollerare la contraddizione» non sarà messa da parte, non possiamo sperare in tempi migliori.
Gentile pubblico, arrivo a una sintesi e siamo quasi alla conclusione. La nostra organizzazione si chiama «Pro Svizzera». Un obiettivo fondamentale della nostra organizzazione è quello di essere efficaci nella pratica politica attraverso iniziative e altre azioni politiche. Tra poco parlerò brevemente di tre questioni che al momento risultano particolarmente importanti: l’iniziativa sulla neutralità, l’iniziativa Bussola e la lotta contro il cosiddetto «accordo quadro», quel contratto di sottomissione che si potrebbe anche chiamare «contratto di camicia di forza» – perché con esso manterremmo sì la piena libertà di movimento, ma solo finché i nostri movimenti non contraddicono ciò che si decide a Bruxelles.
Prima di passare a queste questioni, voglio sottolineare con forza: «Pro Svizzera» significa di più e deve significare di più che semplicemente «a favore di alcune iniziative».
Noi Svizzeri non siamo dei. Anche noi abbiamo commesso nel corso dei secoli alcuni errori, sia grandi che piccoli. Ma abbiamo commesso molti meno errori, preso decisioni di gran lunga migliori e permesso molto meno ingiustizia rispetto a tutti i popoli e Stati intorno a noi. E perché è stato così? Non a causa di singole iniziative o azioni, ma a causa di una cultura politica particolare. Di una cultura politica che in passato ha accettato meno quei tre fenomeni, di cui ho appena parlato, rispetto a quanto accaduto altrove.
Primo: in passato abbiamo prestato maggiore attenzione, rispetto ad altri, a mantenere sacre le istituzioni comuni e a non farne oggetto di conflitti ideologici.
Secondo: in politica abbiamo accettato meglio di altri popoli che esiste una realtà inalterabile con la quale dobbiamo convivere. Proprio per questo motivo siamo stati risparmiati in passato dalle devastanti conseguenze di numerose ideologie di rivoluzione e di salvezza, che suonavano bene ma che erano in conflitto con la realtà.
E in terzo luogo: in passato abbiamo agito politicamente in modo più razionale rispetto ad altri. E ciò non significa altro che abbiamo accettato meno contraddizioni rispetto agli altri. Proprio per questo motivo ci siamo tenuti lontani da un sacco di sciocchezze irrazionali che invece hanno bruciato altri.
Ciò significa che, se vogliamo essere e rimanere «Pro Svizzera», dobbiamo dedicarci sempre di più alla protezione della nostra cultura politica. Sarà un compito arduo, su cui non mi soffermo ulteriormente – mi limito a sottolineare una cosa: ne vale la pena, quindi affrontiamolo!
Ora arrivo brevemente ai tre temi menzionati. Nel corso della giornata ne sentiremo di più, e non voglio anticipare nulla. Ma mi preme evidenziare quanto la nostra opposizione su queste tre questioni sia infestata dallo spirito di questa cultura politica malsana che ho appena descritto.
Iniziamo con l’iniziativa sulla neutralità. Un argomento importante degli oppositori consiste nel dire che la risposta all’erosione della situazione di sicurezza sia ora una maggiore cooperazione militare con la NATO, l’UE e persino la creazione di un esercito europeo.
Questo, ovviamente, non è il caso.
Ma supponiamo che la soluzione fosse davvero quella di collaborare di più con altri Stati e organizzazioni. D’accordo. Ma con cosa esattamente dovremmo cooperare? L’Esercito svizzero è talmente sottofinanziato che, in primo luogo, abbiamo in uso ancora dei veicoli blindati risalenti alla guerra del Vietnam. Veicoli blindati che, in secondo luogo, non possiamo riparare immediatamente a causa della mancanza di fondi. E ferri vecchi di questa portata tendono proprio a rompersi facilmente. E quando i soldati, dopo una giornata in cui non hanno neanche potuto esercitarsi con materiale antiquato, vogliono andare a bere una birra la sera, devono farlo in tuta mimetica. Questo perché, ormai, anche il tempo libero è diventato troppo costoso! Questa è la situazione in Svizzera! E in Germania, ad esempio, è notoriamente ancora peggio.
Di conseguenza, si pone una sorta di domanda da un milione di euro: chi dovrebbe cooperare con chi esattamente? L’Ufficio federale per la protezione dell’ambiente con il Ministero federale tedesco per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani?
Come potete constatare, anche se la cooperazione sarebbe di per sé auspicabile, promuoverla oggi come soluzione è possibile solo se si considera la realtà come opzionale. Dovremmo piuttosto orientarci su «Guglielmo Tell» di Schiller, dove si dice: «Il forte è più potente da solo».
Lo stesso discorso vale per l’opposizione all’iniziativa Bussola. Il 1° agosto tutti parlano di quanto sia fantastica «la nostra democrazia diretta». Anche la sinistra. Escludono Tell, ma anche loro fanno riferimento ai vantaggi della «nostra democrazia diretta».
E la cosa si ferma qui. L’iniziativa Bussola vuole prevenire uno smantellamento della democrazia diretta a favore del parlamentarismo quando si tratta di decidere in merito a trattati internazionali. Come si può non voler fermare questo sviluppo se si è «favorevoli alla democrazia diretta»? Non si può. A meno che non si abbracci una contraddizione enorme oppure si voglia svuotare le nostre istituzioni di democrazia diretta proprio come lo ha fatto quella politica del PS con la nostra scuola dell’obbligo. Pertanto, ecco la mia esplicita richiesta: se non lo avete già fatto, firmate questa iniziativa oggi stesso!
Sì, e infine l’assurdo cosiddetto «accordo quadro». Qui posso davvero essere molto conciso. L’argomento principale di coloro che sono favorevoli è che «i diritti democratici rimangono garantiti, si può comunque dire di no». Quando sento questo, vado su tutte le furie.
Sapete cos’è questo cosiddetto «accordo quadro»? È il regime di Schengen delle frontiere aperte, semplicemente per leggi straniere. Possiamo ancora agire, ma solo troppo tardi. In base agli standard, possono arrivare tutti e non abbiamo alcun controllo. E poi, una volta che si trovano già nel Paese, ogni tanto riesce un referendum o un controllo a campione. Un vero e proprio accordo ingannevole!
Dire che con questa camicia di forza la democrazia rimane intatta è tanto poco serio quanto affermare che con Schengen le nostre frontiere restano sicure. E questo vuol dire qualcosa!
Signore e signori, con questo arrivo alla fine.
Ringrazio il Comitato direttivo, che, come me, lavora senza compenso, per il grande impegno profuso. Desidero ringraziare in particolare il vicepresidente e responsabile del progetto dell’iniziativa sulla neutralità, l’ex consigliere nazionale Walter Wobmann, nonché il responsabile del gruppo di lavoro UE, l’ex consigliere agli Stati ed ex consigliere nazionale Adrian Amstutz, per il loro grande impegno. Un grande ringraziamento va anche al nostro direttore Werner Gartenmann, che guida con passione, cuore e attenzione le operazioni di Pro Svizzera. Ringrazio anche Sandra Flück e Ami Gartenmann, che gestiscono il back office a Lauterbrunnen, così come i tanti volontari, senza i quali non potremmo realizzare eventi come quello di oggi. Un ringraziamento particolare va al nostro «spiritus rector» ed ex consigliere federale Christoph Blocher per il suo costante supporto benevolo e il suo generoso sostegno finanziario a Pro Svizzera!
Vorrei ringraziare anche l’orchestra Pro Svizzera sotto la direzione di Willy Walter per il fantastico accompagnamento musicale!
Vorrei ringraziare anche il Canton Berna per il diritto di ospitalità nella caserma.
E infine, ringrazio tutti voi, cari membri, sostenitori e simpatizzanti di Pro Svizzera, per la vostra partecipazione all’attuale assemblea generale e per il vostro importante contributo finanziario.
Cari amici,
tutti noi abbiamo avuto il privilegio di crescere in un Paese unico, innovativo, libero, sovrano, neutrale e di successo. Diamo tutto, ma davvero tutto, affinché questo Paese rimanga esattamente così!
La Svizzera viene sempre prima!
Vi ringrazio!
Mesdames et Messieurs, je conclurai là-dessus.
Je tiens à remercier le comité directeur pour son fantastique engagement. Comme moi, il travaille sans recevoir de compensation. Je tiens aussi tout particulièrement à remercier le vice-président et chef de projet de l’initiative sur la neutralité, l’ancien conseiller national Walter Wobmann, et le chef de projet du groupe de travail sur l’UE, l’ancien conseiller aux États et ancien conseiller national Adrian Amstutz pour leur grand dévouement. Je souhaite également exprimer mes vifs remerciements à notre directeur Werner Gartenmann, qui dirige avec beaucoup d’implication, de cœur et de prudence le devenir de Pro Suisse sur le plan opérationnel. Je tiens aussi à remercier Sandra Flück et Ami Gartenmann, qui dirigent le back office à Lauterbrunnen. Je remercie aussi tous ceux qui nous aident et sans lesquels nous ne pourrions pas organiser un événement comme celui d’aujourd’hui. Je réserve un merci tout particulier pour notre «guide spirituel» et ancien conseiller fédéral Christoph Blocher, pour son support toujours bienveillant et son soutien financier généreux à Pro Suisse!
Je tiens également à remercier l’orchestre Pro Suisse dirigée par Willy Walter pour son extraordinaire accompagnement musical!
Je souhaite aussi remercier le canton de Berne de nous avoir accueillis avec hospitalité à la caserne.
Enfin, je veux tous vous remercier, de tout cœur, vous, nos chers membres, donateurs et sympathisants de Pro Suisse pour votre participation à l’assemblée générale annuelle d’aujourd’hui et pour votre importante contribution financière.
Chers amis,
Nous avons tous eu le privilège de grandir dans un pays unique, novateur, libre, souverain, neutre et prospère. Donnons tout, vraiment tout, pour que ce pays reste le même!
La Suisse passe toujours en premier!
Je vous remercie!